IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 497 del 1993 proposto dal sig. Pietro Cozzupoli, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Maria Toscano ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo sito in Reggio Calabria, via Giudecca n. 1/ b, contro: la Unita' sanitaria locale n. 11, gia' n. 31, della Calabria, in persona del presidente del Comitato di gestione p.-t., rappresentata e difesa dagli avv. G. Nicolo', G. Foti, F. Cannizzaro e G. Morace ed elettivamente domiciliata, presso il proprio ufficio legale sito in Reggio Calabria, via F. Fiorentino n. 7; il Ministero della sanita', in persona del Ministro in carica p.-t., rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria nei cui uffici siti in Reggio Calabria, via dei Bianchi n. 2 e', per legge, domiciliata; la regione Calabria, in persona del presidente della giunta regionale p.-t., non costituita in giudizio; per l'annullamento previa sospensiva, del provvedimento, prot. n. 423 del 10 febbraio 1993, pervenuto al ricorrente in data 12 febbraio 1993, con il quale l'amministratore straordinario della U.S.L. n. 11, in esito a formale richiesta del ricorrente tesa ad ottenere la possibilita' di esercitare l'attivita' libero professionale medico-chirurgica all'interno della struttura sanitaria pubblica o di poterla proseguire, nelle more, presso strutture sanitarie convenzionate, invitava il ricorrente ad attenersi scrupolosamente al dettato legislativo di cui all'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991, impedendo, di fatto, con cio' l'esplicazione di detta attivita' e per l'annullamento, inoltre, di ogni altro atto connesso, presupposto, collegato, precedente e conseguenziale, ivi compresa la circolare del Ministero della sanita' n. 900.1/4.23.5.1/3675 nella parte relativa all'art. 4, comma settimo, della legge n. 412 del 1991; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione regionale e del Ministero della sanita', entrambi intimati; Viste le memorie prodotte dalle parti e gli atti tutti della causa; Uditi, alla pubblica udienza del 24 novembre 1993, giudice relatore il dott. Umberto Giovannini, l'avv. G.M. Toscano per il ricorrente, l'avv. F. Cannizzaro, per la U.S.L. n. 11 della Calabria e l'avvocato dello Stato Maddalo per il Ministero della sanita'; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; F A T T O Con il ricorso n. 497 del 1993, notificato il 9 aprile 1993 e depositato il 22 aprile 1993, il dott. Cozzupoli chiede l'annullamento, previa sospensiva degli atti indicati in epigrafe. Il ricorrente e' medico chirurgo dipendente della U.S.L. n. 11 della Calabria (gia' U.S.L. n. 31) e presta servizio, a tempo pieno, quale "aiuto chirurgo" presso il Centro trapianti renali del p.o. "riuniti" di Reggio Calabria. L'entrata in vigore della legge n. 412 del 1991 e, in particolare dell'art. 4, settimo comma, che ha escluso, a decorrere dal 1 gennaio 1993, per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale la possibilita' di svolgere la propria attivita' in regime libero professionale, al di fuori dell'orario di servizio, presso strutture sanitarie convenzionate, ha indotto il ricorrente, che in base alla precedente normativa era stato autorizzato a svolgere tale attivita' nei locali di una casa di cura convenzionata di Reggio Calabria, a richiedere con atto formale alla U.S.L. n. 11 di permettergli, cosi' come consentito dalla nuova normativa, di esercitare la propria attivita' libero professionale di chirurgo all'interno della struttura pubblica e, nelle more dell'approntamento di quanto necessario, di potere proseguire l'attivita' stessa presso la struttura convenzionata presso cui gia' operava. L'amministratore straordinario della U.S.L. n. 11, in esito a tale richiesta, ribadita l'impossibilita' di esercizio della attivita' libero professionale presso strutture convenzionate, invitava formalmente il dott. Cozzupoli all'osservanza scrupolosa delle disposizioni di cui alla legge n. 412 del 1991 e precisava che, ferma restando la volonta' della U.S.L. di creare le condizioni per l'esercizio di tale attivita' all'interno della stessa struttura pubblica, essa poteva realizzarsi in tutti quegli altri modi consentiti dalla legge. Avverso tale atto e avverso la circolare del Ministero della sanita' indicata in epigrafe, per la parte di essa riguardante l'art. 4, comma settimo, della legge n. 412 del 1991 ricorre il dott. Cozzupoli sollevando, in riferimento all'atto dell'amministratore straordinario della U.S.L. n. 11, la eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 32 e 35 della Costituzione e rilevando, inoltre, l'illegittimita' di entrambi gli atti impugnati, asseritamente viziati per eccesso di potere sotto i diversi profili della illogicita' e contraddittorieta' degli stessi, del travisamento dei fatti e dell'erroneita' dei presupposti. Si e' costituita nel presente giudizio la U.S.L. intimata, la quale con memoria depositata nei termini, controdeduce analiticamente alle censure del ricorrente concludendo per il rigetto del ricorso, vinte le spese. Si e' costituito, infine, con il patrocinio dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, il Ministero della sanita', parimenti intimato, il quale con memoria prodotta nei termini chiede genericamente il rigetto del ricorso, vinte le spese. Alla pubblica udienza del 24 novembre 1993 la causa e' stata chiamata ed e' stata trattenuta per la decisione, come da verbale. D I R I T T O Il collegio ritiene, in via pregiudiziale rispetto all'esame delle censure proposte dal ricorrente avverso gli atti impugnati, di dovere vagliare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale riguardante l'asserito contrasto tra le disposizioni di cui all'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991 e gli artt. 2, 3, 4, 32 e 35 della Costituzione. Tale disposizione, secondo la tesi del ricorrente, e' sospettata d'incostituzionalita' nella parte in cui essa esclude la possibilita', per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale di esercitare la propria attivita' libero professionale, fuori dall'orario di servizio, in strutture sanitarie convenzionate. La questione appare rilevante ai fini della decisione della presente controversia, dato che gli atti impugnati sono basati sulla norma in esame e ne costituiscono applicazione e posto che, dalla soluzione di tale questione, dipende l'accoglimento o il rigetto del ricorso in trattazione. L'eccezione, inoltre, non appare manifestamente infondata in riferimento all'asserito contrasto tra l'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991 e l'art. 3 della Costituzione. La questione, invece evidenzia tale infondatezza se posta in relazione con gli artt. 2, 4, 32 e 35 della Costituzione, in quanto la disposizione di cui si sospetta l'incostituzionalita' non sembra ledere diritti fondamentali dei medici dipendenti del servizio sanitario nazionale, compreso il diritto al lavoro costituzionalmente garantito e tutelato dagli artt. 4 e 35, primo comma, della stessa Carta costituzionale, dato che non viene minimamente posto in discussione, dalla norma sospettata d'incostituzionalita', il rapporto di lavoro dipendente corrente tra medico e S.S.N., mentre risulta limitata, ancorche' consentita, la sola eventuale attivita' libero professionale da svolgersi comunque dal medico dipendente pubblico al di fuori dell'orario di servizio. Parimenti infondata e' la questione di legittimita' costituzionale della norma de qua, se rapportata all'art. 32 della Costituzione, in quanto non risulta chiaro il collegamento esistente tra una norma che non consente ai medici dipendenti pubblici, l'esercizio dell'attivita' libero professionale presso strutture private convenzionate ed il principio costituzionale posto a tutela del diritto alla salute del cittadino e della collettivita', posto che tale esclusione non comporta direttamente una deminutio della liberta' e della possibilita' di scelta del cittadino di farsi curare presso le strutture, pubbliche o private, di cui egli ha maggiormente fiducia. Per quanto attiene, invece all'asserito contrasto tra la norma di cui all'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991 con l'art. 3 della Costituzione, occorre rilevare che, nel caso di specie, il ricorrente sostanzialmente impugna il diniego da parte dell'U.S.L. alla richiesta diretta ad ottenere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attivita' libero professionale presso una casa di cura convenzionata. Tale richiesta deve essere considerata sia nel contesto dell'inesistenza (non smentita dalla struttura sanitaria) nell'ambito della U.S.L. interessata e anche nell'intero territorio regionale, di case di cura private non convenzionate, presso le quali il ricorrente avrebbe potuto svolgere l'attivita' libero professionale, sia nel contesto dell'attuale e presumibilmente perdurante mancanza dell'approntamento, da parte della U.S.L., delle strutture necessarie per svolgere attivita' libero professionale inframuraria. Il diniego a tale autorizzazione, posto dall'amministratore straordinario della U.S.L., e' basato sull'esplicito diniego all'esercizio di attivita' libero professionale presso strutture private convenzionate, contenuto nell'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991. La norma citata, pur recando nel 1 periodo l'esplicita affermazione secondo la quale "Con il Servizio sanitario nazionale puo' intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto e' incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale", non sembra diretta a porre un'incompatibilita' assoluta rispetto a qualsiasi altro rapporto di lavoro, poiche', se cosi' fosse, dovrebbe essere impedito, ai medici dipendenti dal S.S.N. (mentre non lo e'), anche l'esercizio della libera professione presso qualsiasi struttura privata e non solo presso quelle convenzionate. La ratio della norma parrebbe, invece, quella di evitare l'elusione di tale principio di unicita' del rapporto con il Servizio sanitario nazionale, posto che l'esercizio della libera professione presso la struttura privata convenzionata potrebbe dissimulare un rapporto convenzionale o di lavoro subordinato tra il medico e la struttura stessa di modo che, per tale via, si perverrebbe al risultato che con la citata norma si vuole impedire e cioe' che, in sostanza, il Servizio sanitario pubblico paghi due volte e a diverso titolo il sanitario: una prima volta come dipendente e una seconda volta attraverso la convenzione stipulata con la casa di cura che, a sua volta assume o si convenziona con il medico dipendente pubblico. Ma se, come si ritiene di avere dimostrato, la norma e' volta, quale estrema "cautela", - ad evitare un'evenienza tutto sommato non scontata e non probabile, non pare che la stessa possa giustificare razionalmente l'effettiva disparita' di trattamento che si verifica tra gli stessi medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale, nelle diverse situazioni, rispettivamente, di esistenza o di immediato approntamento della struttura atta a consentire loro l'attivita' libero professionale inframuraria e/o di esistenza, nell'ambito territoriale della U.S.L. di appartenenza, di strutture private non convenzionate, e di situazioni di assoluta o protratta inesistenza di siffatte condizioni, sia per omissioni e ritardi dipendenti dalle UU.SS.LL., sia per generalizzato convenzionamento delle strutture sanitarie private del territorio, essendo, peraltro, compito della Repubblica, come sancito dall'art. 3 della Costituzione, rimuovere gli ostacoli che, di fatto, limitano l'uguaglianza dei cittadini, lo sviluppo della persona umana e l'esercizio della libera professione agli abilitati. L'unico modo per sopperire a tale rilevata disparita' di trattamento e' quello di consentire che, accertata la carenza nel territorio della U.S.L. di strutture sanitarie private non convenzionate e nelle more dell'approntamento delle strutture interne per l'esercizio dell'attivita' libero professionale inframuraria, il medico dipendente pubblico possa essere autorizzato, - esercitando eventualmente i dovuti controlli e prendendo gli accorgimenti idonei al fine di evitare, per quanto possibile, l'eventualita' di un convenzionamento o di un rapporto di dipendenza tra il medico e la struttura privata convenzionata con il S.S.N. - a svolgere la libera professione anche presso strutture private convenzionate. La norma di cui all'art. 4, settimo comma, della legge n. 412 del 1991, nella parte in cui cio' non prevede e' sospettata di illegittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.